Breve ritratto, scovato in un libro appena pubblicato, di un mio zio -in realtà fratello di mia nonna-, Arciprete di un paesino rosso della Provincia di Agrigento per oltre 50 anni. Di lui, morto nel 1987, ho pochi ricordi, pochissimi delle sue omelie con voce tenorile. Lo ricordo fiaccato dalla malattia dopo decenni di servizio alla Chiesa Agrigentina. Di lui però so molte cose, e se oggi quel paese non è più rosso, è anche merito suo.
[…] Altra cosa che destava in lei ammirazione era l’attenzione e l’immobilità con cui don Lillino ascoltava le prediche degli altri Preti, specialmente dell’Arciprete. In paese, l’autorità di quest’ultimo, anche se contrastata dai non pochi protestanti e ancor più dai molti comunisti, risultava tuttavia temuta e non falcimente la si poteva ignorare. Perciò, nelle giornate surriscaldate del periodo elettorale, la gente, protestante o non protestante, credente o non credente che fosse, voleva sentire le due campane, e pertanto, finito il comizio comunista in piazza, si riversava nella Chiesa Madre, ove immancabilmente l’Arciprete si preoccupava di somministrare l’antidoto della dottrina cattolica. Era qui che Luisella, sempre in compagnia della nonna, se trasaliva a certi acuti della voce tenorile dell’Arciprete, non distoglieva comunque lo sguardo dall’atteggiamento estatico di don Lillino. Non le sfuggiva il frequente battito di ciclia e l’allarmato corrugarsi della fronte. La bambina credeva di poter leggere su quel viso di fanciullo evangelico i pensieri più profondi: “Come fanno i comunisti a non convertirsi, ascoltando una voce così penetrante?”.In realtà, don Lillino restava sbalordito dalla bravura dell’Arciprete. Gli sembrava che meglio di come parlava lui contro il comunismo non lo sapesse fare nessuno. […]
Tratto da Stefano Pirrera, Preti così. Chi, dove, come, quando, perchè. Stampato in proprio, 2008.