Banche, poltrone e politica. Sud e Sicilia fuori dai giochi

È rimasta la Fondazione Bds. Il banchiere siciliano? È un professore…

Qualche giorno fa Corriere economia ha fatto lo screening dei protagonisti del credito in Italia. Un censimento di estremo interesse, perché i non addetti ai lavori avrebbero appreso con stupore, leggendo l’informatissimo “censimento” della governance e del potere economico, che a tenere i cordoni della borsa non sono gli gnomi della finanza di casa nostra.

I protagonisti del credito, infatti, sarebbero le ex casse di risparmio che hanno fatto da cassaforte ai grandi gruppi bancari italiani (Intesa Sanpaolo, Unicredit e Monte dei Paschi). Siccome i non addetti ai lavori privilegiano altre letture, e non il Corriere economia, la percezione della realtà continuerà a rimanete prerogativa di coloro che hanno le mani in pasta e gli entourage che li affiancano, per amore o per forza.

Le ex casse sono diventate Fondazioni e sono queste a controllare un patrimonio che si aggira sui sedici miliardi di euro. Sono questi enti, perciò, a fare le carte sia nell’alta finanza, quanto nelle microeconomie locali. Possiedono, in senso letterale, la macchina che elargisce o nega denaro.

Le Fondazioni sono amministrate da uomini e non da macchine, perciò coloro che le gestiscono governano il Paese. Prima o poi qualcuno peserà sul piatto della bilancia la percentuale di governance che esercitano le Fondazioni, il Parlamento, il governo, il potere giudiziario. Se questa contabilità venisse fatta ora, non mancherebbero le sorprese.

“Sono i signori delle Fondazioni, gli enti che con un artifizio giuridico solo italiano”, scrive Stefano Righi su Corriere economia, “hanno ereditato il patrimonio secolare delle Casse di risparmio, che ai valori di oggi vale in Borsa 16 mila miliardi”.

Questa rivoluzione della governance data venti anni fa, nel 1990. È stato in quell’anno che tutto è cambiato nel mondo della finanza e del credito. Il Mezzogiorno ha perso le sue banche, le casse di risparmio sono diventate cassaforti delle grandi holding del credito, ed il potere – di fatto – è passato di mano definitivamente, dopo un breve processo, dall’industria e l’impresa  alla finanza e per questa ai protagonisti-fantasma del credito.

Chi tornasse a casa dopo venti anni nel suo Mezzogiorno, apprenderebbe che non esistono di fatto più i due istituti di credito di maggior prestigio, Banco di Napoli e Banco di Sicilia, le casse di risparmio e tutta una serie di piccoli istituti di credito che rispondevano alle esigenze locali, guadagnandosi talvolta qualche apprezzamento.

Scoprirebbe altresì che l’unica realtà finanziaria in mano ai siciliani, per esempio, è la Fondazione del Banco di Sicilia, guidata da Gianni Puglisi, il quale non è un banchiere né un personaggio dei salotti buoni della finanza italiana, ma un professore che dopo avere guidato la Facoltà di magistero a Palermo si è trasferito a Milano e svolge l’attività di Preside della IULM. Secondo Corriere economia, Puglisi “governa Palermo dal suo ufficio di Rettore della Iulm di Milano” e “tenta di svincolarsi da un’ottica meramente localistica”.

Che significa?

Bisognerebbe chiederlo a quelli che fanno le carte ed al professore Puglisi. Chi potrebbe e dovrebbe chiederglielo? Coloro che governano l’Isola, anzitutto; ma anche chi investe nell’Isola, chi fa impresa.  Il salotto buono siciliano dell’industria, guidato da Ivan Lo Bello, fra qualche giorno abbandonerà il governo del Banco di Sicilia per via dello scioglimento dell’istituto di credito e la sua fusione in Unicredit. Non è che abbiano esercitato un ruolo di comando – il Bds è controllato totalmente da Unicredit – ma non ci sarà nemmeno una parvenza di governance siciliana. Niente.  Sicché Gianni Puglisi, estraneo al mondo della finanza, ma non all’esercizio della governance di varia natura, rimarrà l’ultimo samurai. Un samurai che, a detto del Corriere economia, avrebbe una sola aspirazione, svincolarsi – anche lui – dall’ottica meramente localistica.

La distanza fra il Sud, e la Sicilia in particolare, con quelli che fanno le carte, è siderale, ma la periferia dell’impero può permettersi di fare finta di niente? Non sarebbe il caso di occuparsi delle questioni del credito e della finanza, magari per sapere di che morte si è destinati a morire?

Il 2010 è un anno di cambiamenti, questo è indubbio. Si è alla vigilia del rinnovo dei vertici della Banca Intesa Sanpaolo, delle Generali (rimescolamento con Mediobanca), dell’ABI, Assogestioni. Sta per  cambiare pelle la Cassa Depositi e Prestiti, che si appresta a diventare banca del governo con cinquanta miliardi di investimenti da decidere, e potrebbe muovere i primi passi la Banca del Mezzogiorno, che di fatto – come la Cassa Depositi e Prestiti – metterà nelle mani del governo il controllo delle risorse pubbliche. In Piemonte nasce Carito (da Banca Carige e Fondazione Crt) per volontà del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, sostenitore dei ritorno ai localismi, oltre che della governance pubblica (con la Cassa depositi e prestiti e la Banca del Mezzogiorno).

Il ministro Tremonti sta rafforzando enormemente il suo ruolo e quello della Lega in settori, come la finanza e il credito, poco frequentati da Umberto Bossi. Ancora qualche anno e il dopo-Berlusconi dovrà tenere conto del radicamento tremontiano e leghista nel Paese.

Intesa e Unicredit hanno capito, per certi versi assecondano e per altri versi si parano e cercano diversivi, scorciatoie o mettono in campo deterrenze. Navigano a vista, a quanto pare, anche perché il mondo della finanza italiano assomiglia ad una ragnatela piuttosto che ad un network. È il regno del conflitto di competenza. I grandi gruppi sono presenti in campo avverso senza che questo desti sorpresa. È una vecchia tradizione, ormai.

Il sud, e la Sicilia, sono tremendamente soli. Lo scippo è cominciato venti anni fa, non è ancora finito. Siamo in piena colonizzazione.

Fonte: SiciliaInformazioni.com

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Giovanni Nocera
Sono Giovanni: marito di Chiara e padre di tre splendidi bimbi. Siciliano a Roma. Mi sono ritagliato questo spazio diversi anni fa e nel tempo questo sito è stato lo specchio delle mie attività. Sono appassionato della più alta forma di carità, secondo la definizione della Politica di Paolo VI. Mi impegno per i miei concittadini del Municipio 5 di Roma Capitale. Un occhio ad innovazione, lobbying ed internet marketig, soprattutto se riescono a funzionare insieme!