Domani l’Università degli studi di Palermo, la famiglia, gli studenti dedicheranno uno spazio dell’Ateneo a Norman Zarcone, il dottorando della facoltà di Lettere che si uccise a settembre dell’anno scorso. In quei luoghi, all’interno del Polididattico di viale delle Scienze dove passano ogni giorno centinaia di studenti di diverse facoltà, sarà scoperta una targa con la scritta: “Generazione Norman, in memoria di Norman Zarcone”, per ricordare – insieme con il ragazzo – tutte le vittime di una gioventù tormentata che si confronta con una società difficile e dall’incerto futuro.
Io credo sia un errore madornale, per una istituzione deputata alla formazione dei giovani, proporre come esempio chi ha volontariamente rinunciato alla propria vita, perchè, probabilmente, convinto di non poter realizzare un sogno, un progetto professionale.
Naturalmente ho il massimo rispetto per Norman, per la sua famiglia colpita da un dolore lacerante, ma tale rispetto non può farmi accettare questa iniziativa. Eroe è chi combatte, ogni giorno, per andare avanti, nonostante la società difficile ed il futuro incerto. Magari dovendo rinunciare a sogni, dovendo rinunciare ad agiatezze, senza però mollare. Scrivendo queste righe ho davanti gli occhi il dramma di Norman, ma ho davanti gli occhi la vita di un ragazzo, padre di due figli, con un lavoro precarissimo, che nonostante tante aspettative, lotta per portare a casa il pane ogni giorno. Il ricordo di Norman è leggitimo, renderlo icona di una generaziiìone no. E’ vero che questa generazione di giovani, la mia generazione, soprattutto in Sicilia, soffre, ed è vittima di un sistema economico, politico, sociale, che limita moltissimo. Ma questa generazione combatte, ogni giorno, non rinuncia. Offre la propria vita per gli altri, non vi rinuncia volontariamente per l’incertezza del domani.
Se un giorno mio figlio percorrerà i corridoi dell’Univerità di Palermo, vorrei avesse davanti agli occhi eroi della speranza, di coloro i quali di fronte alle difficoltà non si sono arresi, di coloro i quali ogni giorno hanno messo in gioco la propria esistenza, non di chi ha rinunciato.
Correggo: non ci dia un taglio, bensì dia un taglio alla penosa querelle
Sig.Nocera, io sono unanimemente riconosciuto come, mettiamola così, “intellettuale”, non foss’altro perché uso l’intelletto per scrivere i miei articoli e i miei libri. Ho capito da subito che lei è un moralista che tritura la pazienza. La sua retorica dell’esempio è stucchevole, volgare sotto il profilo culturale, priva di riferimenti concreti. L’esempio cui lei fa appello è un “cagata pazzesca” come la corazzata Potemkin di fantozziana memoria. Ci dia un taglio, per favore. Se lei avesse conosciuto mio figlio non avrebbe scritto quelle vaccate. E ora mi lascio andare al mio impulso di dirle quanto Lei sia superficiale. Andare al cinema, no vero? Le opinioni contrastanti sono il sale della dialettica, a patto di una condizione preliminare, che si conoscano nomi, cose e fatti, diversamente non è un’opinione ma una rivisitazione della Corazzata Potemkin.