Nel 2009 ad Agrigento si tenne una consultazione popolare, ben diversa dal referendum (basti ricordare il concerto promozionale ad urne aperte), che portò al voto meno di 7000 elettori agrigentini, chiamati a consultazione dall’Amministrazione municipale per sapere se la stessa dovesse continuare la battaglia legale contro il rigassificatore di Porto Empedocle.
Per poter cantare vittoria, con una percentuale di votanti al di sotto del 15% degli aventi diritto, si comparava il dato con l’affluenza alle urne di tornate referendarie precedenti. In un contesto come quello agrigentino, si diceva, il dato non può che essere un successo.
Oggi però c’è un nuovo termine di paragone. 25.935 elettori si sono recati al seggio, il 55% degli aventi diritto. Stesso contesto, stesse motivazioni – lotta di popolo contro i poteri forti [link1][link2], ma stavolta l’esito è notevolmente diverso.
Stranamente trovi a festeggiare gli stessi che brindavano 2 anni addietro per il 15%…
Ora qualcuno dovrebbe prendere atto che gli agrigentini votano quando vogliono, anche senza logiche di partito, come dimostrano i dati dell’ultimo referendum, e conseguentemente dovrebbe dichiarare cappotto per quei 7 giorni di consultazione popolare.
Naturalmente, anche stavolta, nessuna voce si sentirà, se non quelle di chi festeggia sempre, col 15 o con il 55.
Infine si potrebbe dedurre che gli agrigentini vogliono il rigassificatore, altrimenti, come per il nucleare, sarebbero andati a votare.